Dante Giacosa prende le redini
del progetto e dopo mesi di
febbrili disegni e calcoli ne
esce una copia in dimensioni
ridotte della "Balilla".
Introduce comunque alcune
innovazione tese a risparmiare
peso e costi: il radiatore è
posto sopra il motore per
risparmiare la pompa dell'acqua,
secondo il principio che l'acqua
calda va in alto e quella fredda
in basso; il telaio è assai
semplice con due travi a V
dall'anteriore al posteriore; il
motore 4 cilindri è con valvole
laterali.
La dirigenza Fiat è soddisfatta
del rispetto della tradizione e
autorizza la realizzazione dei
prototipi della "500".
Il 15 giugno 1936 viene messa
in vendita la FIAT 500 A,
poi soprannominata
"Topolino"[2]. Una vetturetta
modesta per tecnica e
prestazioni, il cui prezzo era
di 8 900 lire: venti volte lo
stipendio medio di un operaio
specializzato e ben oltre le
preventivate 5 000 lire. Per la
cronaca, nel 1936 Porsche aveva
già realizzati i prototipi
definitivi della "Maggiolino"
che veniva messa in "prevendita"
alla cifra di 990 Marchi, ovvero
cinque volte lo stipendio di un
operaio specializzato.
Tuttavia, la "Topolino"
riuscirà ad ottenere un discreto
successo, anche grazie alla
"fame di automobili degli
Italiani". Infatti, nell'Italia
del 1936 circolano solamente
222 000 automezzi (di ogni tipo,
compresi quelli pubblici e
militari) per oltre 42 milioni
di abitanti. All'incirca, un
veicolo ogni 200 persone. Un
rapporto dieci volte inferiore a
quello della Francia e quaranta
volte inferiore a quello
degli Stati Uniti nello stesso
anno.
La produzione della
"500-Topolino", con piccoli
aggiornamenti nella 500B,
continuò anche
nel dopoguerra fino ad arrivare
a 519 847 esemplari a cui si
devono aggiungere i modelli
fabbricati dalla licenziataria
francese Simca 52 507 esemplari
per un totale di 572 354
esemplari.
La "500 C" del 1949 era invece
quello che chiameremmo oggi un
"restyling" con nuovo motore a
valvole in testa e un frontale
diverso e ammodernato con i fari
incassati nella carrozzeria.
Sia della 500B che della 500C
venne realizzata la
versione familiare, denominata
"giardiniera", la prima delle
quali aveva le fiancate
rivestite in legno.
Nel 1945, alla morte del
senatore Agnelli, Antonio Fessia
aveva creduto di poter imprimere
alla Fiat una svolta di nuova
tecnologia, proponendo una
vettura con schema "tutto
avanti", ma non sorretto dalle
decisioni dei vertici aziendali
si dimette ed approda alla
Lancia dove, finalmente, potrà
dare corpo alle sue idee e
progettare quei capolavori di
tecnica che portano il nome di
"Flavia" e "Fulvia".